Cortili in corte. Lamponi, orsi e cani

Nel Palazzo Ducale è facile sentirsi contemporaneamente dentro e fuori, al chiuso e all’aperto, vedere una sala affrescata e uno spazio governato dalla vegetazione. Muovendosi tra Corte Vecchia e Corte Nuova è possibile compiere un itinerario che riscopre la vita da cortile, tra nomi sognanti e spazi che non sempre si ha la curiosità di vedere. Quando si cammina all’interno del Palazzo occorre essere curiosi e guardare fuori dalla finestra, per fingere di orientarsi e per comprendere che ogni ritaglio di linee è uno spazio.

La Galleria degli Specchi si affaccia sul Cortile dei quattro platani detto anche giardino dei bossi. Presente già con Isabella d’Este, viene utilizzato da Guglielmo Gonzaga per festeggiare il matrimonio con Eleonora d’Austria. Dalla finestra del Gabinetto dei Mori, guardando in basso, si vede il Cortile a Otto Facce o degli Orsi. Realizzato da Bernardino Facciotto, il cortile ha la forma di un ottagono allungato ed era completamente affrescato e presentava bassorilievi in stucco di trionfi d’armi. Venne chiamato “degli orsi” nel 1908 da Achille Patricolo forse perché nel Settecento veniva usato per gli spettacolo circensi con gli animali. Al di sotto c’è una piccola terrazza. Sotto il cortile c’è la ghiacciaia mentre sopra, a 12 metri, il giardino pensile. Verso Piazza Santa Barbara si trova un piccolo spazio triangolare noto come Cortile del Frambus forse una forma dialettale del nome francese del lampone, framboise. Il Cortile di Santa Croce si trova invece nell’area dell’appartamento vedovile di Isabella d’Este dove si trovava la chiesa di Santa Croce. La facciata, rivolta verso l’interno del cortile è ancora in parte visibile e denota uno sviluppo verticale. Fu voluta dal marchese Gianfrancesco Gonzaga negli anni venti del Quattrocento con funzione di cappella palatina.

In Corte Nuova la piccola loggia, compresa tra il camerino dei falconi e quello degli uccelli, si apre sul Cortile dei Cani detto anche dei Giarelli. Nato probabilmente come piccola terrazza pensile aperta verso il lago, diventa poi cortile con Guglielmo e “cimitero” dei cani tra cui la lapide della cagnolina Oriana, opera di Giulio Romano. Attraversata piazza Castello ed entrati nella fortezza di San Giorgio si rimane incantati all’interno di un cortile che esalta l’architettura toscana, realizzato infatti dalla coppia Fancelli-Mantegna. Affrescato e porticato su tre lati, il cortile viene trasformato nel Settecento.

 

Bibliografia: Stefano L’Occaso, Palazzo Ducale Mantova, Electa 2011

Immagine: Studio Calzolari 1950-65, Cortile dei quattro platani (fonte Lombardia Beni culturali)

Una casa dal sapore veneziano e la prima insegna a tre dimensioni

La Casa del Mercante sottolinea il vanto del suo proprietario. Una casa con bottega proprio di fronte a tutti gli altri mercanti che condividevano l’ombra lunga del portico broletto. Sfacciato, pavone, vanitoso. E’ il prototipo della nuova casa mantovana di chi era in commercio o in affari. Bottega sotto e casa sopra. Non c’erano le vetrine di oggi e la merce veniva esposta su banchi che affacciavano direttamente sulla strada. Sull’architrave, sotto i portici, sono stati scolpiti i prodotti. Un’autentica insegna commerciale del passato. Osserviamo una solita mattina di lavoro del nostro Messere.

Storia 3 meraviglia

Il passaporto del rinoceronte Clara

Venezia, 1751. Arriva nella Serenissima in occasione del Carnevale un rinoceronte di nome Clara. Divenne una tale attrazione che venne addirittura raffigurata da Pietro Longhi nello stesso anno. Ma non era stata l’unica meta di Clara. Arriva a Venezia dopo che il suo viaggio era cominciato in India nel 1738 quando, alla morte della madre, fu allevata dal direttore della Compagnia olandese delle Indie Orientali. Nel 1740 venne acquistata da Van der Meer, capitano olandese della nave Knappenhof, che divenne il suo proprietario a vita. Solo ora ha inizio il suo tour europeo: Rotterdam, Anversa, Bruxelles, Amburgo, Hannover, Berlino, Francoforte, Vienna, Ratisbona, Dresda, Lipsia, Berna, Zurigo, Strasburgo, Basilea, Stoccarda, Norimberga, Augusta, Marsiglia, Roma, Napoli, Bologna, Milano, Verona, Londra, Praga, Varsavia, Danzica. Da non credere.

Molte furono le storie bizzarre che si narrano attorno a Clara: la carrozza creata appositamente per trasportarla, le parrucche parigine à la rhinocéros e la Marina francese che le dedica una nave. Per la prima volta questi spettacoli a pagamenti non sono solo per nobili ma viaggiano anche nelle piazze e si offrono al popolo. Il viaggio di Clara si ferma a Londra dove ritorna una seconda volta. Muore il 14 aprile del 1758, all’età di circa 20 anni.

E’ una storia triste e bizzarra allo stesso tempo. Clara fu il quinto rinoceronte ad essere visto dal vivo dai tempi della stampa a bulino di Durer. Ha viaggiato forse più di quanto non faremo mai, è stata accolta come una celebrità da Luigi XV e dalla famiglia reale inglese. Canzoni, poesie e studi sono stati scritti su di lei. Quando pensiamo al Grand Tour ricordiamoci di Clara e di quante occhi l’hanno vista, da quante persone è stata ricordata e in quanti sogni ha fatto la sua comparsa.

Bibliografia. Wikipedia. Immagine. Ritratto di Clara, Jean Baptiste Oudry (1749)

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Ritratto del rinoceronte Clara, Pietro Longhi (1751)

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Quanti erano i coccodrilli a Mantova?

Sulla Gazzetta di Mantova di metà Ottocento era apparso un articolo che sicuramente avrà attirato l’attenzione di molte persone. Recitava così: “Domenica 25 gennaio ultimo giorno in cui sarà visibile la tanto rinomata famiglia de’ coccodrilli giganti in numero di 5, della lunghezza di 8, 9 e 10 piedi; oltre ad una collezione di animali rari e 4 serpenti boa di straordinaria grossezza”. I coccodrilli, ormai al loro ennesimo tour, provenivano dall’America del Nord. Per l’epoca costituivano un vero record, nessuno ne aveva ammirati di così lunghi. E così il coccodrillo delle Grazie, quello dell’attuale Museo Diocesano e dell’attuale Ginnasio trovarono buona compagnia. Un autentico Gabinetto di curiosità aperto al pubblico. La sede era quantomeno perfetta nel fascino del nome: il Palazzo del Diavolo ubicato sul Corso Pradella. Sarebbe stato contento Paride da Ceresara. Il costo molto popolare: i primi posti a 50 centesimi (le poltronissime) e 25 i secondi. Si conclude scrivendo che “alle ore 5 pomeridiane viene somministrato il cibo agli animali”. Magari qualcuno avrà preferito i secondi posti, non si sa mai.

Reati nella Mantova del Seicento

Dopo la peste e il sacco di Mantova del 1630 la città è scossa da una serie di eventi criminosi ed è in balia di bande criminali. Una di queste il 28 gennaio del 1671 prende d’assolto la Cancelleria Ducale. Il 31 agosto del 1650 una banda di sicari armati di archibugi uccidono il Commissario dei Gonzaga, il capitan Gioan Battista Gozzi. Il 19 febbraio del 1666 viene pescato nel Rio presso San Giacomo il corpo di Angela Scudelata avvolto in un sacco.

La Grida del 22 settembre del 1659 vietava l’uso e il porto d’armi lunghe o corte, archibugi, stiletti, pugnali, pistole tranne la spada per i cavalieri e i gentiluomini. Questa limitazione veniva praticata soprattutto durante le fiere, le feste e il carnevale. Sopra le torri il Podestà faceva posizionare degli uomini di vedetta per avvistare i furfanti. Al suo segnale (tre colpi di campana) partiva l’inseguimento. E con la nebbia?

Bibliografia: Luigi Carnevali, La tortura a Mantova, 1974  

 

Un maiale finito sotto processo

Qui l’ironia si mescola al grottesco e al gotico. I maiali erano dei veri spazzini della città. Si poteva vederli liberi di circolare, vagabondi raccoglitori di tutto. Nel Medioevo, oltre ai processi e alla pena di morte date alle persone, venivano coinvolti anche gli animali. E’ il caso della cosiddetta scrofa di Falaise, un paesino della Normandia. Fu processata perché colpevole di aver ucciso un bambino. Prima il tribunale dove venne giudicata e condannata a morte. Poi, da rito, venne vestita in abiti da uomo, messa alla berlina e trascinata per le strade del paese fino al sobborgo di Guibray dove l’attendeva il patibolo. Il boia fece quello che doveva fare e poi l’appese alla forca di legno. Dalle cronache del tempo sappiamo anche la sua parcella: venti soldi e dieci tornesi.

Furono circa una sessantina i casi simili in Francia tra XIII e XVI secolo. E i giudici se la prendevano anche con altri animali come bruchi e lumache. Le cavallette della regione di Villenauxe invece vengono esortate dal giudice a lasciare la sua diocesi nel giro di sei giorni previa scomunica. Alcune di queste cronache persistono fino al XVIII secolo.

L’uomo e l’animale di fronte alla legge erano uguali e non c’erano discriminazioni. E per il boia, a dire il vero, cambiava poco. Questa è una delle tante curiosità che sentirete nell’itinerario che sto preparando per Halloween nel centro storico di Mantova.

Per info e prenotazioni: 3382168653 – valorizzazione.mantova@gmail.com

Bibliografia: Michel Pastoureau, Medioevo simblico, Editore Laterza, 2018. 

Il Ghetto di Mantova. Dentro un’altra città

Non è un articolo sulla storia del Ghetto, impossibile in un numero di righe così limitato come quelle a cui sto pensando. E’ un invito a camminarci, entrare, sostare, rallentare il passo e trovare nuove visioni della propria città. Non chiedete permesso, entrate da dove volete meglio se dai punti in cui erano presenti i pesanti e alti portoni in legno che avevano il compito di separare. A fianco della Rotonda di San Lorenzo ne era presente uno che, addossato alle case che coprivano la Chiesa, venne tolto come gli altri nel 1789.

Il Ghetto è un mondo di sussurri, ricordi e vicoli che solo in parte hanno mantenuto il nome e la forma originarie. Il più autentico è Vicolo Norsa ovvero Regresso perché giunti lì si poteva fare un’unica mossa. Tornare indietro. Lo spazio, ristretto tra le attuali via Calvi, via Giustiziati, via Spagnoli, via Bertani e fino a via Pomponazzo ha accolto fino a 2.000 persone nel periodo di massima espansione. Non solo i condomini alti 4 e 5 piani, spesso con le gli ultimi piani in legno. I cortili, i revolti, le cantine, le vie strette. Le corticelle ovvero dei tunnel che portavano da una via all’altra in uno spazio buio e silenzioso. Tra una casa e l’altra si collocavano le sinagoghe, ben 6 oltre alle 3 chiese cristiane già presenti. Nessuna è rimasta. L’ultima, la Scuola Grande, ha resistito fino al 1940. Quella Norsa Torrazzo è stata spostata in via Govi e oggi è visibile ancora nel suo aspetto originario. La Casa del Rabbino vi mostra l’autentica ampiezza di via Bertani o meglio Via Tubo come era chiamata all’epoca, principale del Ghetto. Le vie avevano nomi precisi che oggi sono sfumati nella contemporaneità: via Spagnoli di oggi era la vera via degli Orefici ebrei, da non confondere con quella attuale che invece era per gli Orefici cristiani. Proprio lì dove inizia all’epoca c’era un portone che chiudeva l’area ebraica. Piazza Concordia di oggi era Piazzetta dell’aglio e non è difficile immaginare il perché. Anche la vicina Rotonda è un fossile dove si possono leggere a fatica i resti delle case che la ricoprivano. Se leggete una guida dell’Ottocento la ex Chiesa non viene nemmeno menzionata perché dicono distrutta. Fu riscoperta invece nel 1908 quando si ultima di demolire il Ghetto.

Solo un piccolo assaggio che non tiene conto dei mestieri, le professioni, i profumi, le botteghe, le atmosfere, i personaggi, i nomi e i passi che si spostavano da una via all’altra.

Per approfondire vi suggerisco i percorsi che ho ideato con l’Agenzia Norsa Viaggi in occasione della mostra di Chagall. Quale migliore occasione per leggere l’artista di origini ebraiche in relazione alla cultura mantovana.

 

La storia del gelato a Mantova tra ghiaccio, frutta e Gonzaga

A settembre per la prima volta a Mantova verrà fatto un tour sulla storia del gelato con alcune incursioni nelle vicende mantovane e gonzaghesche. Gli aneddoti arriveranno fino ai due secoli passati che vedono le invenzioni del cono, della coppetta, dei ghiaccioli, dei primi furgoncini ambulanti fino al primo gelato industriale su stecco.

Dalle neviere romane ai sorbetti arabi e siciliani fino all’invenzione del gelato quasi moderno con la Corte dei Medici. Una storia dalle radici orientali e mediorientali che poi viene rese più barocca e stravagante in Italia con artisti come Ruggeri e Buontalenti. A Firenze avete mai gustato la crema buontalenti? Vi siete chiesti perché ha quel nome?

Zucchero e ghiaccio venivano levigati, scolpiti e trattati come il marmo e il vetro. In mezzo alla tavola fanno la loro spettacolare presenza i magnifici Trionfi o le Spongade come venivano chiamati a Venezia.

Da dove venivano presi il ghiaccio e la frutta? Come arrivavano nel Palazzo Ducale e nei palazzi gonzagheschi di città? Giardini, broli, horti e altre magnifiche costruzioni che creavano un’immagine paradisiaca. Ghiacciaie e giardini dappertutto.

Il tour guidato di cui vi comunicheremo giorno e orario sarà contraddistinto da pit stop in alcune gelaterie e pause culturali di fronte ad alcuni palazzi della città. I gusti saranno già stati concordati perché  allineati con le storie che ho selezionato per voi.

Per info e prenotazioni: rinascimentoacorte@gmail.com | 0376397917 – 3382168653

Un percorso d’amore a Mantova

Quante volte camminiamo nella nostra città senza prestare attenzione alle storie silenziose che ci passano a fianco. Come un gioco della settimana enigmistica si possono unire tutti i luoghi che custodiscono storie d’amore dolci e tristi.  Continua a leggere “Un percorso d’amore a Mantova”

Le tombe dei Gonzaga a Mantova

Vi siete mai chiesti dove si trovano le tombe dei diciotto Gonzaga che hanno coperto quasi quattro secoli di storia? Vi porto tra chiese conosciute, leggende, cripte e misteri. Un tour gratuito che potete fare in autonomia alla ricerca della Mantova NoirContinua a leggere “Le tombe dei Gonzaga a Mantova”