La torre della gabbia più che una nomea ha solo il nome. Sì perché dai documenti non emergono altri casi oltre a quello che ha visto come protagonista Marchino Ziganti rinchiuso il 15 maggio 1576. E’ il periodo di Guglielmo Gonzaga. La gabbia è di piccole dimensioni, giusto per una persona e soprattutto si trova all’esterno di una torre che dal 1576 porterà quel nome. La torre, così come il palazzo, al tempo era di proprietà della famiglia Guerrieri e donata cinquant’anni prima – insieme al cognome – dai Gonzaga. In sostanza si trattava di un edificio privato utilizzato come luogo di detenzione, cosa che la legge proibiva. Infatti senza preventiva autorizzazione gli Statuti mantovani vietavano ai privati di avere proprie prigioni.
Marchino era stata condannato “per mariuolo da borse”. I documenti indicano la pericolosità delle scale di legno percorsa dai vivandieri che portavano il cibo al prigioniero e infatti vengono definite “perigliose assai”. E così quando le condizioni fisiche di Marchino peggiorarono e c’era bisogno di un medico si è dovuto attendere fino al 24 agosto.
Ci sono stati altri prigionieri dopo Marchino? No, né sappiamo la fine che ha fatto. Dai documenti possiamo immaginare che in seguito non si sia intervenuto nel miglioramento delle scale e che quindi hanno continuato ad essere perigliose assai. Di fatto questa torre, con la gabbia rivolta verso la città, diventava un totem che voleva dimostrare la forza della giustizia. Più un simbolo di terrore che uno strumento pratico.
Bibliografia: Itinera chartarum. 150 anni dell’Archivio di Stato di Mantova, Saggi in onore di Daniela Ferrari, Silvana Editoriale 2019
Immagine: Torre della gabbia (fonte wikipedia)