La storia del gelato a Mantova tra ghiaccio, frutta e Gonzaga

A settembre per la prima volta a Mantova verrà fatto un tour sulla storia del gelato con alcune incursioni nelle vicende mantovane e gonzaghesche. Gli aneddoti arriveranno fino ai due secoli passati che vedono le invenzioni del cono, della coppetta, dei ghiaccioli, dei primi furgoncini ambulanti fino al primo gelato industriale su stecco.

Dalle neviere romane ai sorbetti arabi e siciliani fino all’invenzione del gelato quasi moderno con la Corte dei Medici. Una storia dalle radici orientali e mediorientali che poi viene rese più barocca e stravagante in Italia con artisti come Ruggeri e Buontalenti. A Firenze avete mai gustato la crema buontalenti? Vi siete chiesti perché ha quel nome?

Zucchero e ghiaccio venivano levigati, scolpiti e trattati come il marmo e il vetro. In mezzo alla tavola fanno la loro spettacolare presenza i magnifici Trionfi o le Spongade come venivano chiamati a Venezia.

Da dove venivano presi il ghiaccio e la frutta? Come arrivavano nel Palazzo Ducale e nei palazzi gonzagheschi di città? Giardini, broli, horti e altre magnifiche costruzioni che creavano un’immagine paradisiaca. Ghiacciaie e giardini dappertutto.

Il tour guidato di cui vi comunicheremo giorno e orario sarà contraddistinto da pit stop in alcune gelaterie e pause culturali di fronte ad alcuni palazzi della città. I gusti saranno già stati concordati perché  allineati con le storie che ho selezionato per voi.

Per info e prenotazioni: rinascimentoacorte@gmail.com | 0376397917 – 3382168653

Lombardia in bocca. Dentro il dialetto

Domenica mattina. Milano, via Argelati. Scambio di bagole tra madri che devono preparare il pranzo e le prime giovani che affondano le mani nell’acqua del naviglio. Sono immagini cartolina che non ci sono più. L’acqua in città creava professioni che a loro volta formavano gesti, espressioni, modi di dire. Bügandéra ovvero la lavandaia. Significa proprio “colei che fa la bügada”. In altri termini: il bucato. La signora, immaginiamo dai fianchi un po’ generosi, porta la sua cesta di panni sporchi della settimana il riva al canale o al lago. E poi aziona il tasto on della sua lavatrice manuale. Il termine “bucata” si ritrova anche nel Medioevo, passato poi allo spagnolo “bugada” e al francese “bukon” e al tedesco “bauchen”. Cambia la geografia ma non il significato: ammollare nella liscivia. In origine la liscivia, la saponetta del tempo, veniva preparata con le ceneri del legno di faggio. Ecco perché si usa la radice “buk” che corrisponde al protogermanico “faggio”. Dentro al dialetto c’è molta più storia di quello che crediamo.

Bibliografia. A. Badiali, Etimologie mantovane, 1983