La memoria, il ritratto, la famiglia. Non bisogna certo attendere il Cinquecento per poter osservare l’usanza di raccogliere le testimonianza tangibili della propria storia. Qui certamente c’erano i ritratti, le gallerie, i cicli sulla falsariga dei Cesari ma in precedenza bastava inserire di tanto in tanto qualche nota. Così cominciano le cosiddette ricordanze. Si tratta di un genere letterario nato nella Firenze del Trecento: non una vera e propria autobiografia quanto piuttosto dei testi ibridi in cui si mescolano le note commerciali della casa, della bottega, gli appunti, il diario di famiglia e fatti di cronaca locale.
Questa anteprima italiana si allaccia all’esempio inglese. In disaccordo con quanto potremmo pensare, si tratta di forme di scrittura privata molto poco confidenziale, sia su questioni private che sulla vita coniugale. Tutto viene registrato. Il pudore è minimo e il riserbo ancora meno. Sono i bambini ad essere descritti meglio registrando che una spalla è più grossa dell’altra e un ritardo eccessivo nel camminare a due anni. Queste ad esempio le inquietudini di John Greene.
Il testo esemplare è quello di Samuel Pepys, funzionario della Marina inglese negli anni 60 del Seicento. Il suo è un diario intimo autobiografico in cui Samuel “si guarda vivere” nella sua vita coniugale, le sue infedeltà e addirittura il suo corpo. Alcuni esempi diretti. Qui con la moglie Èlisabeth Marchand: “stamani mi sono alzato con parole tenerissime fra me e mia moglie […], ci siamo alzati entrambi col cuore pieno di gioia”. Ancora: “Se ne stava muta, mentre io la pregavo di quando in quando di venire a dormire. Poi il suo furore scoppiò: io ero un furfante, l’avevo tradita”. Ho omesso volutamente le citazioni di scenate tragicomiche tra i due. Il suo diario è un flusso di onestà, di esigenza di trasmettere la vera verità dei fatti fino a scontrarsi con il suo credo puritano. Promette di non bere vino e invece scrive: “E qui bevo vino secondo necessità, essendo malato per il desiderio di esso”.
Il diario inizia nel 1660 e si conclude il 31 maggio 1669. Samuel ha 36 anni. La coppia vive gli anni di una Londra travagliata: la peste del 1665, l’incendio del 1666, la guerra con l’Olanda nel 1667. Il lavoro è molto intenso, le lunghe ore di lavoro gli complicano la vista. Forse fu a causa di questo che non poté più proseguire il suo diario. Partono per una vacanza rigenerativa tra la Francia e i Paesi Bassi. Al ritorno la moglie Èlisabeth si ammala e muore il 10 novembre del 1669. Chiudo come avrebbe fatto Samuel, con una sua caratteristica frase di chiusura. “E ora a letto.”
Bibliografia: Peter Burke, Il Rinascimento europeo. Centri e periferie, Editori Laterza 2009 – Philippe Ariès, George Duby, La vita privata dal Rinascimento all’Illuminismo, Editori Laterza 1987
Immagine: Ritratto di Pepys, John Hayls – 1666