Si sa che il Ghetto è un termine veneziano. In origine però gli spazi della città in cui viveva una netta prevalenza di ebrei erano chiamati Contrade degli Ebrei o Giudecche. Dopo il 1516 tutti si chiamano Ghetto. Troppo facile concentrare così l’evoluzione di uno spazio veneziano che ha attraversato varie fasi: al Ghetto Nuovo del 1516 viene aggiunto nel 1541 quello Vecchio e nel 1633 quello Novissimo. Nel 1790, data dell’ultimo censimento di Venezia, gli abitanti ebrei risultano 1.517: 189 bambini, 744 donne, 457 maschi adulti e 97 con più di settantanni. Si è passati dalle 199 unità abitative del 1582 alle 1.661 con un forte incremento di monolocali. Il Ghetto, complessivamente, rendeva alla Serenissima un ammontare di 250.000 ducati. Ogni anno. Lascio a voi il conteggio per i 282 anni di Ghetto.
A Mantova i numeri sono più bassi. Si parla di circa 2.000-2.500 abitanti che progressivamente scende soprattutto dopo l’annus horribilis del 1630. La crisi colpisce anche il Ghetto che si avvia verso il degrado. Due i fatti più gravi che suonano come una catastrofe. Il 31 maggio del 1776, in occasione delle feste per un matrimonio nell’ultimo piano, crolla l’intero palazzo seppellendo 65 persone. Il 9 marzo 1878 crolla un intero caseggiato a causa di un incendio di carta in vicolo dell’Olio.
Il 21 gennaio 1798 i portoni del Ghetto vengono scardinati, demoliti, bruciati. I Francesi subentrano agli austriaci che avevano comunque mantenuto il Ghetto in una condizione di tranquillità. I portoni vengono portati nella piazzetta dell’Aglio e il grande falò rappresenta la fine della “segregazione”. Così cambia il nome in piazza Concordia.
Bibliografia: Francesco Jori, 1516 Il Primo Ghetto, 2016 – Emanuele Colorni, Mauro Patuzzi, C’era una volta il Ghetto, 2018