Santi veri e presunti tali. Corpi incorrotti, reliquie e il maestro Zenone speziario

Città di Castello 1320. Muore la terziaria domenicana Margherita e il suo corpo viene seppellito nella chiesa dove cominciò subito a fare miracoli. Proclamata santa a furor di popolo, venne imbalsamata e dei suoi favori sembrò godere anche Ezzelino da Romano. Altri casi di santi – o presunti tali – rivelano la relazione tra reliquia e fedeli. Come il mignolo del piede destro di Alberto Brentatore, di trent’anni precedente a Margherita, che portata solennemente in cattedrale a Parma promanava tuttavia un fetore terribile. Non poteva essere dunque realmente un santo.

Per Margherita l’operazione di imbalsamazione fu eseguita dai medici chirurghi e avvenne all’interno della chiesa. Alle spese “pro balsamo et aromatibus” contribuirono i frati ma con il coinvolgimento del Comune. Venivano coinvolti anche personaggi della città dotati di particolari competenze. E’ il caso di un certo maestro Zenone speziario, residente a Verona nella contrada di San Benedetto. Nel 1410 chiedeva di essere rimborsato per le esequie di Azzone Francesco Castelbarco di Avio, per aver consegnato alla vedova e al figlio i tessuti per il feretro, i panni per realizzare le vesti a lutto, le candele per la messa e gli aromi per la casa.

La conservazione del corpo era una delle prove secondarie di santità e così fu anche per Matteo Visconti quando vide “aliquam integritatem” il corpo di Margherita. Da questi episodi si ha prova che la santità di un personaggio, la produzione, la conservazione e la comunicazione di una reliquia ha poco a vedere con il cielo e molto invece con la terra. La città e la chiesa che le conserveranno saranno destinante a godere di fama e di fortuna. Occorre che il corpo incorrotto o la reliquia siano tuttavia “vere” e dimostrate come autentiche prove di santità.

Bibliografia: Cangrande della Scala. La morte e il corredo di un principe nel medioevo europeo, Marsilio 2004

Immagine: Fonte wikipedia

Mantova paleocristiana e canossiana. Santa Speciosa, San Michele e gli altri santi in piazza

Le chiese di San Pietro e San Paolo costituivano insieme al palazzo episcopale il nucleo della Mantova canossiana. Questa situazione sarebbe continuata almeno fino alla fine del XII secolo quando si cominciarono a costruire gli altri palazzi. Il merito è delle altre famiglie importanti cittadine. Il cosiddetto episcopio era costituito da massime ovvero dalle case dei canonici e dalla sala capitolare, fulcro del sistema religioso e “politico”. Qui avvenivano le riunioni e lo votazioni dei canonici regolari sulle questioni più importanti.

Probabilmente, ma siamo nel campo delle ipotesi, la prima chiesa paleocristiana era quella di Santa Speciosa di cui sono stati ritrovati ritrovati parti della pavimentazione musiva del IV e V secolo d.C. L’area attorno al battistero doveva avere una destinazione cimiteriale. Lo sappiamo grazie ai ritrovamenti di tombe risalenti al VI e VII secolo. Già a quest’epoca potrebbe risalire la Chiesa di San Michele che doveva costituire la sepoltura d’elite per i personaggi più importanti. Funzione che certamente fu mantenuta anche dai Canossa e qui venne sepolto il corpo di Bonifacio, padre di Matilde, morto il 6 maggio 1052.

La chiesa di San Paolo sarebbe dunque la ricostruzione romanica della paleocristiana Santa Speciosa inglobando il battistero. La costruzione della “gemella” San Pietro invece non ha una documentazione precedente al 1045. Nell’anno 894 si registra un rovinoso incendio che distrugge l’archivio dell’episcopio. Probabilmente ne fanno le spese anche il palazzo e la chiesa. Tuttavia se la diocesi di Mantova fu rifondata nell’anno 804 – in seguito al ritrovamento delle reliquie del Sangue di Cristo – si mantiene l’ipotesi di una cattedrale già esistente. Così la cittadella della città vecchia e le dinamiche di quella comunità vengono costruite attorno a queste due chiese: in San Paolo le liturgie dei canonici, in San Pietro le celebrazioni dei fedeli.

Dopo la morte di Matilde. Ultime date. La cattedrale fu oggetto di una ricostruzione piuttosto pesante tra il 1132 e il 1150. L’intervento potrebbe essere stato commissionato da Manfredo, vescovo matildico che si insedia nel palatium episcopale.

Bibliografia: Matilde di Canossa. Il papato e l’impero, a cura di Renata Salvarani e Liana Castelfranchi, SilvanaEditoriale 2008

Immagine: Miniatura dalla “Vita Mathildis” di Donizone, 1115 c.a.

Quando i Santi diventano veneziani

State programmando le vacanze in ritardo e non sapete a che santo votarvi? A Venezia non solo troverete quelli ufficiali ma pure quelli dalla connotazione locale. Il motivo è semplice: i nomi dei Santi hanno subito un processo di venezianizzazione. Si tratta di una contrazione di un solo nome oppure l’unione di due.

A Venezia tutto diventa unico, speciale, mai visto prima, mai sentito prima.

San Stae (Sant’Eustachio)

San Marcuola (Santi Ermagora e Fortunato)

San Trovaso (Santi Gervasio e Protasio)

San Zanipolo (Santi Giovanni e Paolo)

San Polo (San Paolo Apostolo)

Sant’Aponal (Sant’Apollinare)

Sant’Alvise (San Ludovico)

San Giovanni Battista Decollato (San Zan Degolà)

… il resto lo lascio alle vostre ricerche e peregrinazioni. Il mio preferito? San Zan Degolà, di cui si vede la Chiesa nell’immagine in evidenza. Quando ho letto il nome sul nizioleto quasi sparito mi ha colpito il cuore e sono sicuro che per sempre ci resterà dentro. Ferito felice dalla venezianità.

Bibliografia: Alberto Toso Fei, Misteri di Venezia. 

Le tombe dei Gonzaga a Mantova

Vi siete mai chiesti dove si trovano le tombe dei diciotto Gonzaga che hanno coperto quasi quattro secoli di storia? Vi porto tra chiese conosciute, leggende, cripte e misteri. Un tour gratuito che potete fare in autonomia alla ricerca della Mantova NoirContinua a leggere “Le tombe dei Gonzaga a Mantova”