La cultura materiale di Milano tra Cinquecento e Seicento. Costi, oggetti, botteghe

Nel 1578 Nunzio Galizia definiva Milano come la “madre commune di tutti i virtuosi”. La città era il centro del mercato internazionale delle arti suntuarie. Armaioli, cristallai, ricamatori, tornitori, fabbricanti di spade, orologi e automi, fonditori, orafi, miniatori e intagliatori di gemme. Le botteghe cittadine realizzavano tra Cinquecento e Seicento una serie di oggetti e di merci che venivano acquistate poi dalla élite europea. Ma quanto costavano? Il prezzo era dato da una serie di fattori: le materie prime, il tempo di realizzazione, la manodopera spesso specializzata e l’unicità del pezzo. L’armatura da parata e la barda per il cavallo per Ferdinando II del Tirolo nel 1559 è costata 2.600 scudi. La tazza in pietra verde guarnita di ori, rubini e diamanti con coperchio e cimasa è stata valutata 6.000 scudi nel 1554 e offerta a Ferdinando II per 4.200 scudi. Un vaso di cristallo di Giovanni Ambrogio Miseroni venne acquistato dal duca di Parma per 720 scudi. Il paramento da letto in velluto, ricamato in oro e seta realizzato per il re di Francia Francesco I nel 1525 – ma ancora da saldare nel 1553 – era valutato 1.253 scudi mentre 192 scudi gli otto cuscini. L’intero arredo della camera composto dal letto, quattro sedie grandi e sei piccole, due cuscini e una coperta da culla viene valutato nel 1553 la cifra di 1.522 scudi. Gli arazzi – non di produzione milanese – erano stimati circa due scudi il braccio quadro. La serie di otto arazzi del Fructus Belli realizzata per Ferrante Gonzaga, fratello di Federico II, ed esposta nel 1549 a Milano per l’arrivo del principe Filippo d’Asburgo, valeva circa 2.000 scudi. In fondo Milan l’è semper un gran Milan.

 

Bibliografia: Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio, Skira 2011

Immagine: Armatura da parata del duca di Parma e Piacenza, realizzata da Lucio Marliani detto il Piccinino (Kunsthistorisches di Vienna) – fonte wikiwand

Similitudini, anatomia e Quaresima. La comicità nelle feste popolari

I ritratti bizzarri e compositi di Arcimboldo trovano non solo il contesto milanese degli studi delle teste realizzate da Leonardo, non solo la creazione dell’Accademia della Val di Blenio ma anche la presenza di opere letterarie che li richiamano. E’ il caso di Gargantua e Pantagruele che esce in prima edizione nel 1535. Per vedere la vicinanza e la totale analogia tra il romanzo e il metodo del pittore milanese basta prendere un estratto riferito alla Quaresima.

La barba come una lanterna, il mento come una zucca barucca, le orecchie come due manopole, il naso come uno stivaletto innestato a occhio, le narici come una cuffietta, i nervi ottici come un acciarino, le gote come zoccoli, le mascelle come una ciotola, i denti come spiedi da caccia. 

Si tratta di autentiche sostituzioni anatomiche. Rabelais nel romanzo ne ha prodotte circa 150. E’ tutto giocato, in chiave letteraria, sulla similitudine che Arcimboldo traspone in pittura. Non si può affermare che la diretta conseguenza di uno rispetto all’altro ma sicuramente fanno parte dello stesso contesto al quale Arcimbolo ha attinto. Il genere comico, farsesco e della parodia ha avuto una grande fortuna proprio nel Cinquecento in riferito soprattutto ai riti stagionali e alla feste popolari e contadine.

 

Bibliografia: Il cuoco 1570 (Museo Nazionale di Stoccolma)

Immagine: Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio, Skira 2011

Arcimboldo e la prima carta d’identità. Segni particolari: artista

Nel 1587 Giuseppe Arcimboldo ritorna nella sua Milano dopo aver lavorato per Massimiliano II e Rodolfo II tra Vienna e Praga per circa 25 anni. Nel 1590 vive in un palazzo situato nella parrocchia di San Pietro alla Vigna presso Porta Vicentina. Al suo rientro voleva raccontare ai milanesi la sua arte bizzarra e lo fa attraverso un autoritratto unico nel suo genere. Si tratta di una definizione della propria immagine attraverso la disposizione illusionistica di bande e strisce di carta che si piegano, si arricciano, si arrotolano e si intrecciano. E poi altri trucchi da vedere da vicino. Sul colletto si legge la cifra “1587” – ovvero la data di esecuzione – e sopra al naso sulla fronte la data dei suoi anni “6” e “1”. Si tratta a tutti gli effetti di una carta d’identità: immagine, data di rilascio, età e tratti somatici. Quasi cento anni dopo riprende quello che i milanesi già ben conoscevano ovvero gli studi delle teste di Leonardo. Alla bizzarria anatomica Arcimboldo unisce la conoscenza dei codici crittografici e degli alfabeti figurati.

Il disegno di Palazzo Rosso a Genova è un meta ritratto: sul foglio vengono rappresentati dei fogli. Il foglio come documento e strumento di lavoro dove prendono vita le idee e le sue stravaganze. Come dire: segni particolari artista. E anche scienziato.

 

Bibliografia: Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio, Skira 2011

Immagine: Autoritratto cartaceo, 1587 (Genova, Gabinetto disegni e stampe di Palazzo Rosso). La tecnica eseguita è matita, penna e inchiostro, pennello e inchiostro acquerellato, acquerello grigio su carta bianca controfondata. 

 

Un museo in un ritratto. Collezioni, bizzarrie, burle

Si può parlare di vero e proprio “metodo Arcimboldo” per la creazione dei suoi particolari ritratti dell’imperatore, di altri personaggi o della serie delle Stagioni o degli Elementi. Le sue bizzarrie, nate dalla cultura leonardesca a Milano, si avvale di un procedimento quasi surrealista. Rappresenta la figura umana attraverso un assemblaggio di elementi del tutto estranei ad essa, sostituendo parti del corpo con ortaggi, oggetti e pesci che ripropongono la parte anatomica. Questo genere di ritratto, che trae origine dalle forme popolari delle feste contadine, viene convertito in un livello alto, addirittura imperiale, alla corte di Vienna e Praga. Si inserisce poi all’interno di un contesto di grandissima conoscenza naturalistica dovuta allo sviluppo delle camere delle meraviglie che esponevano naturalia e artificialia. Mirabilia di provenienza “esotica”, rarità, unicità e stranezze che hanno viaggiato per arrivare in un luogo. Toccava poi al principe/collezionista/scienziato disporle secondo il suo gusto, i rimandi e le corrispondenze tra loro.

L’Acqua di Giuseppe Arcimboldo, che fa parte della serie del 1566, contiene fino a 60 specie diverse di pesci e animali acquatici di acqua dolce e salata. Murena, pesce luna, cavalluccio marino, trota, aguglia, tinca, luccio, triglia di scoglio, carpa, tordo di mare, capone, scorfano, rana pescatrice, razza chiodata, pesce prete, barbo comune, dragoncello, riccio di mare, serpe di mare, siluro, rana, tartaruga di mare, foca monaca, orata, tricheco, corallo rosso, stella di mare rossa, anellide, sanguisuga di mare, buccino, murice, murice spinoso, mollusco gasteropode, lumaca di terra, lampreda di mare, cardio, perla di ostrica, seppia, polpo, astice, gambero rosso, granciporro atlantico, gambero di fiume, stella di mare spinosa.

Tra la selva di forme conosciute si muovono mostri marini che sicuramente derivano dai libri di corte di Massimiliamo II e dalle stampe di Ulisse Aldrovandi che ad esempio fa ritrarre il serpente marino già raccontato da Aristotele.

Bibliografia: Arcimboldo, Skira 2011

Immagine: Acqua, serie degli Elementi. 1566 Kunsthistoriches Museum di Vienna

Teste comiche tra Milano e le Fiandre. Leonardo e leonardeschi

Collezionismo, interesse per la natura e per la scienza, comicità e burle. Tutte queste caratteristiche, che individuano il Cinquecento e che mettono le basi per il Seicento di Caravaggio, sono raccolte nella figura di Giuseppe Arcimboldo. I suoi ritratti che personificano le stagioni e gli elementi si inseriscono nella tradizione tutta milanese e leonardesca degli studi delle teste realizzati attorno agli anni 90 del Quattrocento. Tratti esagerati, grotteschi, profili che mettono in risalto il naso o il mento. Delle autentiche caricature. Figure che lo stesso Leonardo descrive in un passo del Libro di pittura.

Se tu vuoi tenere facilità in tenerti a mente un’aria d’un volto, impara prima a mente di molte teste, occhi, nasi, bocche, menti e gole e colli e spalli… porta con teco un piccolo libretto dove sieno notate simili fazzioni, e quando hai dato una occhiata al volto de la persona che voi ritrarre, guarderai poi in parte quale naso o bocca se gli assomiglia, e fargli un piccolo segno per riconoscerlo, poi a casa mettilo insieme. De’ visi mostruosi non parlo, perché senza fatica si tengono a mente. 

Non sono le stesse teste studiate dagli artisti nordici come Quentin Metsys negli anni venti del Cinquecento? Non sono le stesse teste di satiri e fauni di Giulio Romano o delle espressioni di estrema sofferenza dei giganti a Palazzo Te? C’è la stessa comicità grottesca nella testa della vecchia che spia la coppia nel grande dipinto I due Amanti che a sua volta si inserisce nel contesto vecchio/giovane e brutto/bello che aveva inaugurato Giogione nel Veneto.

Bibliografia: Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio, Skira 2011

Immagine: Teste grottesche, 1490, Royal Library, Windsor Castle (tecnica: penna)

Un milanese a Praga. Dalle vetrate del Duomo alle meraviglie di Rodolfo

L’Arcimboldo lavora a Praga come pittore di corte per 25 anni. Dal 1562 al 1587 ha visto passare tre imperatori germanici. Rodolfo II certamente fu il personaggio più curioso e che fece di Praga una fucina di talenti internazionali in molti campi, soprattutto magia, astronomia e scienza. Arcimboldo pensava ai suoi quadri nella stessa atmosfera di Keplero, Brahe, Giordano Bruno, Edward Kelley e John Dee. Giuseppe, nato a Milano, era figlio di Biagio pittore accreditato presso la Veneranda Fabbrica del Duomo e discendente da un ramo cadetto di una nobile famiglia milanese, gli Arcimboldi appunto. Nel 1549, lo sappiamo dai documenti, è alle prese con i cartoni per le vetrate del Duomo. Cosa ci faceva un milanese a Praga? Il suo ruolo al servizio dell’imperatore era di ingrossare la collezione di curiosità con l’acquisto di antichità, animali impagliati e uccelli esotici. Oltre a questo ruolo doveva organizzare gli eventi di Corte e questo passava dalla realizzazione di disegni che poi sono stati raccolti nel cosiddetto Carnet di Rodolfo II. 148 disegni, custoditi presso gli Uffizi, che rappresentano costumi di scena, carri allegorici, slitte e acconciature. Nel Cabinet di Rodolfo II trovavano posto ovviamente le immagini quasi surreali di Arcimboldo, una composizione di frutta, verdura e animali che insieme raffiguravano ritratti bizzarri dalle fattezze umane ma descritti come un preciso puzzle di naturalia. Nulla però sappiamo del suo aspetto fisico. Nel 1590 appare a Mantova un trattato che descrive le sue opere compilato da Gregorio Comanini. Le produzioni dell’Arcimboldo erano considerate come fantasiose metamorfosi della natura e imitazioni di cose formate dalla natura. Un artificio che ben si inseriva nelle stranezze di un cabinet delle corti europee.

Bibliografia: Rudolf e Margot Wittkower, Nati sotto Saturno, Einaudi 2016.

Immagine: Estate 1572 

Autoritratto                              Particolare