Elencare le città di cui era signore sarebbe un puro esercizio di stile. Milano, Verona, Cremona, Bergamo, Brescia, Bologna, Feltre, Belluno, Novara, Como, Lodi, Vercelli, Alba, Asti, Pontremoli, Tortona, Alessandria, Valenza, Piacenza, Bobbio, Parma, Reggio Emilia, Vicenza, Pisa, Siena, Perugia, e Assisi. Praticamente buona parte della Lombardia, Piemonte, l’Emilia, parte del Veneto, due punti in Toscana e due in Umbria.
Il destino era segnato – in grande – se da bambino, nel gennaio del 1356, viene nominato nominato cavaliere dall’imperatore Carlo IV di Lussemburgo in occasione della sua visita a Milano. Alla fine del novembre del 1360 Gian Galeazzo Visconti sposa Isabella di Valois ottenendo la contea di Vertus. Per questo feudo venne chiamato infatti il “Conte di Virtù”. Tuttavia non fu l’unico matrimonio. Infatti nel 1380 sposa la figlia di Bernabò Visconti ovvero sua cugina Caterina che fu signora di Milano fino al 1395 nonché prima duchessa fino al 1402.
Appare evidente come la sua politica fosse tutta orientata alla Francia. Proprio per queste alleanze Gian Galeazzo decide di ordire un piano per uccidere lo zio. Ma anche da parte sua la minaccia era incombente e così prendeva ogni precauzione per evitare di essere eliminato. Fa restringere il numero dei domestici, riduce la sua tavola a poche vivande che faceva ovviamente assaggiare prima di consumare, costituì la sua guardia personale e fedele oltre a mostrarsi devoto andando a pregare in chiesa con una scorta armata.
6 maggio 1385. Gian Galeazzo organizza un incontro con Bernabò fuori dalla Porta Vercellina. Stranamente Bernabò si presenta con pochi armati mentre il nipote aveva 500 lancieri. La cattura risultava fin troppo facile. Si presentò al popolo con le solite finte promesse: eliminazione del dazio sul sale e altre gabelle come quelle sul grano, sul lino e sulle ruote ferrate. Bernabò venne rinchiuso nelle segrete del castello di Porta Giovia e poi trasferito nel castello di Trezzo sull’Adda dove rimase per sette mesi. Qui morì il 19 dicembre 1385 forse per avvelenamento, si dice, di una zuppa di fagioli.
Gian Galeazzo, con un deciso colpo di stato, diventa il nuovo signore di Milano. La giustificazione che aveva pronta era la non legittimità della signoria dello zio Bernabò in quanto la carica di vicario imperiale non gli era stata confermata dal nuovo imperatore Venceslao. In realtà non era così e certamente non spettava al nipote spodestarlo ma semmai all’imperatore. Così ordisce, oltre alla morte, una campagna di comunicazione terribile nei confronti dello zio morto accusandolo di crudeltà, nefandezze e stregonerie.
Bibliografia: Guido Lopez, I Signori di Milano, dai Visconti agli Sforza, Newton Compton editori, 2010 | Luigi Barnaba Frigoli, Maledetta serpe, Meravigli edizioni, Milano 2016
Immagine: Giovanni Ambrogio de Predis, ritratto di Gian Galeazzo, XV secolo