Rigoletto e gli altri. Buffoni, giullari e nani nelle corti d’Europa

Rigoletto, protagonista dell’opera di Verdi, è un personaggio inventato e che traduce Triboulet, il buffone di Hugo nel Le Roi s’amuse. Il francese però è stato effettivamente un personaggio realmente esistito. Nicolas Ferrial, il suo vero nome, nasce a Blois nel 1479, al servizio prima del re Luigi XII e poi di Francesco I di Valois fino al 1536. Gli successe Brusquet, buffone di Enrico II, che ne diventa poi guardarobiere e cameriere. Una volta cessato il suo incarico alla corte, ricopre la figura di maitre de la poste a Parigi e pare facendo fortune. Muore nel 1565. Negli stessi anni a Firenze Braccio di Bartolo è conosciuto come Morgante – nome del gigante nel poema del Pulci – ed è il più celebre dei cinque buffoni della corte di Cosimo I de’ Medici. Lo vediamo riprodotto da Giambologna, nel doppio ritratto di Bronzino in cui la pittura sfida le tre dimensioni della scultura e poi nei giardini di Boboli a cavalcioni su di una tartaruga.

Mantova, qualche anno prima. Ercole Albergati, conosciuto come Zafarano, nasce a Bologna verso la metà del Quattrocento, è attore e scenotecnico diviso tra le corti di Mantova, Ferrara e Bologna. Probabilmente ha preso parte alla prima rappresentazione dell’Orfeo di Poliziano nel 1480. Già nel 1484 risulta stabilmente al servizio di Federico I Gonzaga quando viene richiesto anche dagli Sforza. Nel 1487 è al servizio dei Bentivoglio dove allestisce una sala per il matrimonio di Annibale e Lucrezia d’Este. Tra il 1501 e il 1502 è chiamato a Gazzuolo dal vescovo Ludovico Gonzaga. Dopo questa data non ci sono più documenti che ne parlano. In una lettera del 3 ottobre 1508 – scritta da Francesco Gonzaga alla moglie Isabella d’Este – si fa riferimento a “femmine giullaresse”.

Ferrara, 1475. La Camera Picta è terminata da un anno e muore Giovan Battista Scocola, il buffone alla corte di Ercole I d’Este. Il nuovo astro nascente è Diodato che verrà conteso anche con i Gonzaga. Scocola è raffigurato nel Salone dei Mesi, in corrispondenza del Mese di Aprile e proprio insieme a Borso. In questo periodo – ovvero negli anni 70 – era già cittadino ferrarese. Lo stipendio pare fosse ottimo ma non bastava, così giocava d’azzardo e aveva sempre debiti per i quali rischiava anche la pelle. Così lo descrive il Muratori: “uomo di vivacissimo ingegno, fatto di Ebreo Cristiano”. Apprendiamo così che era un ebreo convertito. Nel luglio 1462 è a Milano, ospite di Gabriella Gonzaga e di suo marito Corrado Fogliani.  In una lettera scritta la marchese di Mantova Ludovico II, si nota che la firma autografa è Scocola buffonus. 

Inghilterra, 1525. Il mercante Richard Fermor presenta ad Enrico VIII il buffone Will Summers. Il re e Thomas Cromwell rimangono molto colpiti dal suo spiccato senso di humor e gli offre subito un posto nella sua corte. A differenza dei buffoni e giullari italiani, quelli europei ricoprivano un incarico ufficiale. Appare, tra l’altro, alla destra di di Enrico in un dipinto del 1545 che rappresenta il re e la corte. Will morirà nel 1560 e fa in tempo ad assistere all’incoronazione di Elisabetta I, avvenuta due anni prima.

 

Bibliografia: Tito Saffiotti, Gli occhi della follia. Giullari e buffoni di corte nella storia e nell’arte, Book time 2013 | http://www.treccani.it/enciclopedia/albergati-ercole-detto-zafarano_(Dizionario-Biografico)/ 

Immagine: Marx Reichlich, il giullare – 1519 (Yale University Art Gallery, New Haven, Connecticut)

 

La Mantova di Antonio Maria Viani. Metamorfosi, spettacoli e costruzioni

1591. Sul libro dei viaggi del tipografo belga Theodor de Bry appaiono le prime raffigurazioni dei costumi e delle tradizioni dei nativi americani. Si conosceva un altro pezzo di mondo mentre in tutte le corti le parole d’ordine erano stupore e teatro.

Mantova, 1592. Dopo un’esperienza di cinque anni a Monaco presso il duca Guglielmo V di Baviera arriva in città il cremonese Antonio Maria Viani, architetto, pittore e scenografo. Tre anni dopo riceve l’incarico e ruolo di Prefetto alle fabbriche ducali che mantenne fino alla morte avvenuta nel 1630 che segnava anche l’epilogo delle glorie dei Gonzaga. Ha partecipato ai cambiamenti architettonici ma anche politici del Palazzo seguendo le imprese e le ambizioni degli ultimi quattro duchi: Vincenzo I, poi i suoi figli Francesco IV, Ferdinando e Vincenzo II.

VIANI SOLIDO. Il Palazzo Ducale, nei suoi 35 anni di servizio, si compone di altri luoghi specifici. Nel 1595, lungo il muro del Giardino del Baluardo, viene ricavata la Galleria delle Metamorfosi e qui troverà spazio la collezione scientifica di Vincenzo. Dal 1601 interviene sulla fabbrica di Corte Vecchia realizzando la Sala degli arcieri e gli spazi privati del duca Vincenzo. E poi la Galleria della Mostra e il Logion Serato o Lozone de’ quadri – che nel 1602 è ancora aperta e chiusa probabilmente nel 1614.  A lui si deve la definitiva comunicazione dei diversi ambienti del Palazzo attraverso un sistema di corridoi che riprendeva la funzione di quelli medicei. Viani lavora anche in contesti esterni alla corte. In ambito religioso: si occupa della cripta nella Chiesa di Sant’Andrea, realizza le chiese di San Maurizio e di Sant’Orsola, quest’ultima per Margherita sorella di Vincenzo. Fuori città prosegue la costruzione della Palazzina di Bosco Fontana – avviata alla fine del Cinquecento dal cremonese Dattari – e la sfarzosa Villa a Maderno sul Garda per Vincenzo, in realtà mai abitata. Quasi di fronte alla casa di Giulio Romano, realizza il Palazzo Guerrieri Gonzaga che nel Cinquecento appartenne Guerrieri, originari di Fermo.

VIANI EFFIMERO. Essere prefetto alle fabbriche voleva dire occuparsi anche degli apparati effimeri – pitture e architetture – per gli spettacoli e le cerimonie sacre e profane. Già nel 1595 – anno della nomina – la firma del Viani è presente sulle note di spesa e sugli ordini di pagamento per allestire una barriera nel cortile della Mostra, per il teatro di corte e la costruzione di un catafalco per le esequie del duca di Nevers. Così Viani ha preparato, in modo tecnico e creativo, per gli oltre trentanni di carnevali, giostre e tornei. Di lui non c’è rimasto un singolo disegno o bozzetto della sua attività che doveva comunque comunicare il gusto per gli artifici di prospettiva, i giochi ottici, gli elementi del paesaggio e quello bizzarri. Affascinante ma ancora tutta da definire, perché non convalidato dai documenti, la realizzazione dei due teatri, quello di corte e dei comici, quest’ultimo già in funzione nel 1609.

VIANI PITTORE. L’attività meno nota di Viani è quella di pittore. Nel 1593 realizza insieme ad Ippolito Andreasi gli affreschi del catino absidale del Duomo di Mantova. Per la chiesa di Sant’Orsola realizza la pala La Vergine presenta Santa Margherita alla Santissima Trinità. Posta sull’altare sinistra nel 1619, è un’opera dalle notevoli dimensioni – 450×374 cm – che mostra, rispetto agli esordi della carriera, una tavolozza più fredda, una grande regia della luce e un’impostazione spaziale più ardita. La tela è firmata e datata 1619, un anno dopo la morte di Margherita.

Questa è la città spettacolare che avrebbe abitato Rigoletto, il personaggio inventato da Verdi e in fondo trasposizione italiana del vero Triboulet.

Bibliografia: Claudia Burattelli, Spettacoli di corte a Mantova tra Cinque e Seicento, Casa Editrice Le Lettere, 1999 | Raffaella Morselli, Le collezioni Gonzaga. L’elenco dei beni del 1626-27, Silvana Editoriale 2000 | Stefano L’Occaso, Museo di Palazzo Ducale di Mantova. Catalogo generale delle collezioni inventariate. Dipinti fino al XIX secolo, Publi Paolini 2011

Immagine: Antonio Maria Viani offre a Margherita Gonzaga il modello della Chiesa di Sant’Orsola, 1618-20 (olio su tela, Palazzo Ducale di Mantova). Particolare

Il duca, Mantova e la censura. Come Verdi creò il suo Rigoletto

“La scena si finge nella città di Mantova e suoi dintorni. Epoca, il secolo Sedicesimo”. Così si apre il libretto del Rigoletto. Al di là delle attribuzioni dei personaggi e alla lettura mantovana dei Gonzaga, si proverà qui a fare chiarezza sull’evoluzione che ha portato l’opera dalla Francia all’Italia. Le “Roi s’amuse” di Victor Higo viene rappresentato nel 1832 ma viene subito tolto dalle scene per motivi di censura. Problemi che dovrà affrontare anche la coppia VerdiPiave. Dapprima con la primissima stesura “Il Duca di Vendome” – dove Triboulet diventa Viscardello – e poi con “La Maledizione” a cui si vietava la rappresentazione. Qui i nomi scelti sono Triboletto, Saltabadil, Bianca (invece di Gilda) e Francesco (il duca). L’11 gennaio del 1851 l’opera è già cambiata in Rigoletto per la prima volta e il successivo 24 gennaio arriva la versione definitiva. Oltre al passaggio di date, nomi e censure, si assiste ad un cambiamento di ambientazione. Solo quest’ultima versione è ambientata a Mantova mentre le precedenti si attestavano ancora in Francia. Il cognome Gonzaga poi scompare e rimane l’indicazione generica “il duca di Mantova”. L’11 marzo del 1851 a Venezia la prima alla Fenice. Anche Hugo commenterà “Insuperabile” e “meraviglioso”. Le scenografie per la prima veneziana sono di Giuseppe Bertaja e hanno una collocazione tutta mantovana anche se immaginifica. Quella più chiara si avrà solo nel 1923 per la Scala di Milano. Da qui la finzione si colloca nella realtà e i nomi dei luoghi diventano reali appigli.

Bibliografia: Civiltà mantovana 

Immagine: Set design for act IV – Philippe Chaperon, 1885