Dentro l’appartamento di Vincenzo I Gonzaga con i nomi di tre secoli fa

Mantova, 1 dicembre 1714. Carlo Bertazzone, soprintendente alla Scalcheria, inizia la compilazione di un inventario su ordine del Maestro Arciducale. L’inventario delle stanze del Palazzo Ducale di questo anno risulta un documento prezioso perché conserva memoria di un passaggio di consegna che ha lasciato ferite e perdite. Ovvero l’ultimo anno dei Gonzaga-Nevers e l’annessione al governo austriaco e riallaccio molti fatti avvenuti in uno stretto giri di anni. La fuga di Ferdinando Carlo, la sua morte il 5 luglio 1708, il primo rappresentante ovvero il conte Gian Battista di Castelbarco. Il suo periodo mantovano dura poco. Nel 1713 muore.

Sorprende soprattutto il cambiamento dei nomi che oggi purtroppo non riusciamo a cogliere. Gli spazi oggi noti come l’Appartamento Ducale nel 1714 erano noti sotto la denominazione di “appartamento del Prencipe Padrone”. In realtà già nel 1708 era citato come ducale. La sala d’ingresso è detta dei Cavalleggeri che dalla metà del Settecento diventa invece degli Arcieri. Segue la Sala degli Staffieri già chiamata così nell’inventario precedente del 1665 e ora detta di Giuditta per la serie del pittore Pietro Mango. Ci si sposta poi nella Sala degli Uscieri e oggi detta del Labirinto così come veniva chiamata già nel 1614. Anche qui erano presenti i cuoi dipinti e dorati di Pietro Mango. La sala adiacente, denominata dell’Udienza, corrisponde all’attuale del Crogiolo. Qui, stando a quanto riportato dall’inventario del 1665, erano presenti undici dipinti tra cui le sette Storie del Mondo del pittore Pietro Martire Neri. Si continua con la Camera degli Aiutanti di camera oggi chiamata stanza di Amore e Psiche. Poi il percorso prosegue sulla destra con un passetto e il camerino detto degli Scopatori e una scaletta che permetteva di accedere al piano superiore. Accanto la Cappella in cui sull’altare era posizionato il Crocefisso con san Longino e santa Maddalena. Tutto in uno spazio stretto: una prima camera di ritiro detta di Leda, una seconda camera di ritiro, detta Stufetta, con caminetto, due finestre e una porta verso la cappellina. La Stufetta era collegata con un piccolo ambiente chiamato nell’inventario “camerino del tesoro” con le pareti rivestite di tavole di rovere.

Tornando indietro la Galleria degli Specchi era chiamata “gran galleria detta dei Quadri” e si limita a contare finestre e porte. Il corridoio dei Mori veniva semplicemente indicato come corridore.  

Immagine: Pianta del palazzo ducale, 1914 

Bibliografia: Dai Gonzaga agli Asburgo. L’inventario del 1714 di Palazzo Ducale, Edizioni Speroniane 2008

Ogni venere di sera. Monteverdi e gli spazi musicali di Palazzo Ducale

15 settembre 1590, Roma. Al soglio papale viene eletto Giovanni Battista Castagna con il nome di Urbano VII. Dopo tre giorni si ammala di malaria. Resiste per altri 10 giorni. Il 27 settembre muore. Gli succede Gregorio XIV.

Nello stesso anno arriva a Mantova un nuovo suonatore di viola e assunto anche con la funzione di cantore. È il cremonese Claudio Monteverdi. Al servizio di Vincenzo I lo troviamo nel 1595 in Ungheria e quattro anni dopo nelle Fiandre. Nel settembre del 1599 Vincenzo farà tappa anche a Bruxelles dove ingaggerà il pittore Frans Pourbus. Nel 1601 Monteverdi diventa “maestro e de la Camera e de la Chiesa sopra la musica”. Ha dovuto attendere la morte di ben quattro predecessori tra cui Giaches Wert e Alessandro Striggio junior. La data che farà la differenza nella sua carriera – forse non tanto in vita ma sicuramente dopo – fu la il 24 febbraio 1607 quando si tenne la prima rappresentazione della Favola di Orfeo. Due giorni prima si era tenuta invece nell’Accademia degli Invaghiti. Il 14 marzo 1608 nella sala detta de’ specchi – in realtà è la Sala dello Specchio – si è tenuta invece la prova di Arianna in cui si conoscerà la voce portentosa di Virginia Andreini che stava sostituendo Caterina Martinelli appena morta di vaiolo. Lo spettacolo, dopo due mesi di prove, avrà luogo il 28 maggio in occasione dei festeggiamenti della nuova coppia ducale Francesco IV Gonzaga e Margherita di Savoia. Per la prima volta si esce dal chiuso delle adunanze degli intenditori e si offriva lo spettacolo anche al grande pubblico. Per l’occasione viene allestito lo spazio del cortile della Cavallerizza.

CLAUDIO IN PALAZZO. La musica era ovunque a Palazzo ma gli spazi essenziali pensati con questa funzione erano la Sala dello Specchio – che verrà confusa con il Logion serato chiamato nel 1779 Galleria degli specchi – dove “ogni venere di sera si fa musica”, la Sala degli Arcieri ovvero “il salon dove si balla” e ovviamente il Teatro Grande di corte. Durante le feste del 1608 qui ebbero luogo Manto, L’idropica e il Ballo delle Ingrate. Le sue musiche furono messe in scena anche nel cosiddetto Teatro Piccolo o dei Comici anche se non documentate. Probabilmente le sue musiche si sentirono anche all’interno delle due chiese interne al Palazzo ovvero Santa Croce e la Basilica di Santa Barbara dove venne suonato l’inno Ave maris stella.

CLAUDIO PRIVATO. Non visse all’interno della corte ma ha scelto un’abitazione collocata nell’attuale vicolo Freddo che faceva parte della parrocchia dei Santi Simone e Giuda. Qui infatti, nella chiesa, Monteverdi il 20 marzo 1599 si sposa con Claudia Cattaneo, cantante di corte. Ebbero tre figli ma Claudia morì appena otto anni dopo. Il 1612 segna la fine della sua esperienza mantovana. Morto Vincenzo I, Monteverdi non ha mecenati in Palazzo, venne licenziato e fu costretto a fare ritorno a Cremona.

10 luglio 1613, Venezia. Succede un fatto che Monteverdi non pensava potesse essere così connesso alla sua vita. Muore Giulio Cesare Martinengo il maestro di cappella della Basilica di San Marco. Il 19 agosto Monteverdi prese il suo posto. Non lasciò più Venezia fino al 29 novembre 1643 quando morì sotto forma di note.

 

Bibliografia: Paolo Fabbri, Monteverdi, Biblioteca di cultura musicale 2018 | Claudia Burattelli, Spettacoli di corte a Mantova tra Cinque e Seicento, Casa editrice Le Lettere, 1999 

Immagine: Bernardo Strozzi, ritratto di Claudio Monteverdi 1630 – Kunstgeschichtliche Sammlungen (particolare delle mani e dei madrigali)

 

Cortili in corte. Lamponi, orsi e cani

Nel Palazzo Ducale è facile sentirsi contemporaneamente dentro e fuori, al chiuso e all’aperto, vedere una sala affrescata e uno spazio governato dalla vegetazione. Muovendosi tra Corte Vecchia e Corte Nuova è possibile compiere un itinerario che riscopre la vita da cortile, tra nomi sognanti e spazi che non sempre si ha la curiosità di vedere. Quando si cammina all’interno del Palazzo occorre essere curiosi e guardare fuori dalla finestra, per fingere di orientarsi e per comprendere che ogni ritaglio di linee è uno spazio.

La Galleria degli Specchi si affaccia sul Cortile dei quattro platani detto anche giardino dei bossi. Presente già con Isabella d’Este, viene utilizzato da Guglielmo Gonzaga per festeggiare il matrimonio con Eleonora d’Austria. Dalla finestra del Gabinetto dei Mori, guardando in basso, si vede il Cortile a Otto Facce o degli Orsi. Realizzato da Bernardino Facciotto, il cortile ha la forma di un ottagono allungato ed era completamente affrescato e presentava bassorilievi in stucco di trionfi d’armi. Venne chiamato “degli orsi” nel 1908 da Achille Patricolo forse perché nel Settecento veniva usato per gli spettacolo circensi con gli animali. Al di sotto c’è una piccola terrazza. Sotto il cortile c’è la ghiacciaia mentre sopra, a 12 metri, il giardino pensile. Verso Piazza Santa Barbara si trova un piccolo spazio triangolare noto come Cortile del Frambus forse una forma dialettale del nome francese del lampone, framboise. Il Cortile di Santa Croce si trova invece nell’area dell’appartamento vedovile di Isabella d’Este dove si trovava la chiesa di Santa Croce. La facciata, rivolta verso l’interno del cortile è ancora in parte visibile e denota uno sviluppo verticale. Fu voluta dal marchese Gianfrancesco Gonzaga negli anni venti del Quattrocento con funzione di cappella palatina.

In Corte Nuova la piccola loggia, compresa tra il camerino dei falconi e quello degli uccelli, si apre sul Cortile dei Cani detto anche dei Giarelli. Nato probabilmente come piccola terrazza pensile aperta verso il lago, diventa poi cortile con Guglielmo e “cimitero” dei cani tra cui la lapide della cagnolina Oriana, opera di Giulio Romano. Attraversata piazza Castello ed entrati nella fortezza di San Giorgio si rimane incantati all’interno di un cortile che esalta l’architettura toscana, realizzato infatti dalla coppia Fancelli-Mantegna. Affrescato e porticato su tre lati, il cortile viene trasformato nel Settecento.

 

Bibliografia: Stefano L’Occaso, Palazzo Ducale Mantova, Electa 2011

Immagine: Studio Calzolari 1950-65, Cortile dei quattro platani (fonte Lombardia Beni culturali)