La scuola lombarda degli scacchi. Isabella d’Este gioca contro gli spagnoli

Forse possiamo dire che in origine il gioco degli scacchi fu lombardo. Le prime notizie relative a quest’area risalgono al 1300 e confermano la presenza di una propria “scuola lombarda”: giocatori bravi e regole rigide che facevano scuola in tutto il continente. I primi appassionati giocatori erano i membri della famiglia Visconti, soprattutto Valentina, la figlia di Gian Galeazzo che in dote nel matrimonio con Ludovico di Francia portò, tra le altre cose, “una preziosa scacchiera con pezzi e pedine”. Dai documenti si sa che il più noto e tenace scacchista fu Filippo Maria. I libri di testo che studiava li conservava presso il Castello di Pavia. Milano dunque faceva scuola e da qui si formavano i più bravi scacchisti italiani. Dai Visconti agli Sforza la passione non si acuisce. Accaniti giocatori furono Francesco Sforza, il figlio Galeazzo Maria e un giovane Lodovico il Moro che mantenne la passione anche negli anni di governo se in una supplica rivolta al duca di legge che “Jacopo de Conti clarico milanese filio quandom da Maystro Ambrosio che zugava a scacchi a mente”.

Giocare a scacchi era diventata ancora una professione redditizia. Sul finire del Quattrocento c’è un certo Zoane Lombardo che girava di città in città cercando personaggi abbastanza ricchi – se non addirittura i signori della Corte – per sfidarli e fare fortuna.

Tutto era made in Lombardia. Isabella d’Este, marchesa di Mantova, anche lei nota appassionata di scacchi, si faceva realizzare i pezzi dai Maestri Campionesi. Inoltre faceva arrivare dalla Spagna i migliori giocatori “professionisti” per giocarci e apprendere meglio il gioco. E lo erano davvero i migliori visto che le regole e i manuali vengono prodotti dalla Spagna grazie ad una matrice culturale di origine araba. Non a caso Isabella si ritrova a Mantova, nello stesso periodo, tra il 1499 e il 1503, sia Luca Pacioli che Leonardo da Vinci.

Questo è il contesto nel quale di muove la brillante mente di Leonardo da Vinci. Arrivano a Milano e sapeva già giocare a scacchi ma senza dubbio apprese nuove pratiche alla corte degli Sforza. Nei Fogli di Windsor (ad esempio il nr. 12692r) datati tra il 1484 e il 1487 è presente proprio un rebus con una innegabile immagine della torre e la cui soluzione è  “io arroccherò”. E ancora la mossa dell’arrocco ad un solo movimento non era stata inventata.

L’arrocco è una mossa che coinvolge il re e una delle due torri.  È l’unica mossa che permette di muovere due pezzi contemporaneamente nonché l’unica in cui il re si muove di due caselle. Leonardo l’aveva già “inventato” prima del Cinquecento quando si usava farla ancora con due. Questa mossa viene fatta nell’apertura e serve spostare il re in una posizione più sicura e allo stesso tempo si porta una torre in una posizione più attiva d’attacco.

Bibliografia: Davide Shenk, Il gioco immortale. Storia degli Scacchi, Mondadori 2008 | https://www.milanosud.it/le-origini-degli-scacchi-in-lombardia-tra-principi-artisti-e-scienziati-del-rinascimento/

Immagine: Miniatura del codice alfonsino, XIII secolo

Arcimboldo e la prima carta d’identità. Segni particolari: artista

Nel 1587 Giuseppe Arcimboldo ritorna nella sua Milano dopo aver lavorato per Massimiliano II e Rodolfo II tra Vienna e Praga per circa 25 anni. Nel 1590 vive in un palazzo situato nella parrocchia di San Pietro alla Vigna presso Porta Vicentina. Al suo rientro voleva raccontare ai milanesi la sua arte bizzarra e lo fa attraverso un autoritratto unico nel suo genere. Si tratta di una definizione della propria immagine attraverso la disposizione illusionistica di bande e strisce di carta che si piegano, si arricciano, si arrotolano e si intrecciano. E poi altri trucchi da vedere da vicino. Sul colletto si legge la cifra “1587” – ovvero la data di esecuzione – e sopra al naso sulla fronte la data dei suoi anni “6” e “1”. Si tratta a tutti gli effetti di una carta d’identità: immagine, data di rilascio, età e tratti somatici. Quasi cento anni dopo riprende quello che i milanesi già ben conoscevano ovvero gli studi delle teste di Leonardo. Alla bizzarria anatomica Arcimboldo unisce la conoscenza dei codici crittografici e degli alfabeti figurati.

Il disegno di Palazzo Rosso a Genova è un meta ritratto: sul foglio vengono rappresentati dei fogli. Il foglio come documento e strumento di lavoro dove prendono vita le idee e le sue stravaganze. Come dire: segni particolari artista. E anche scienziato.

 

Bibliografia: Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio, Skira 2011

Immagine: Autoritratto cartaceo, 1587 (Genova, Gabinetto disegni e stampe di Palazzo Rosso). La tecnica eseguita è matita, penna e inchiostro, pennello e inchiostro acquerellato, acquerello grigio su carta bianca controfondata.