La prima ferrovia in Italia e la voglia di futuro. Alle porte del Risorgimento

1839, è l’anno giusto per le invenzioni che faranno la storia. Il 19 agosto viene ufficializzata la scoperta della fotografia presso l’Accademia delle scienze francese, il 3 ottobre è la volta dell’inaugurazione della linea ferrovia Napoli-Portici. Le città si collegano, la realtà può essere copiata non solo con i pennelli e gli stati chiedono l’indipendenza. Il 19 aprile il Lussemburgo si stacca dai Paesi Bassi. Il futuro, la modernità e la richiesta di diritti animeranno l’Ottocento e siamo solo all’inizio.

Regno delle Due Sicilie. La ferrovia Napoli-Portici è da considerarsi come la prima italiana nonostante l’impiego di risorse e materiali europei. Il capitale era francese mentre la locomotiva era inglese proveniente dalle Officine Longridge e Starbuk di Newcastle. La linea era a doppio binario e misurava 7,25 chilometri. La convenzione è di qualche anno prima ovvero il 19 giugno 1836 quando veniva concessa la costruzione della linea all’ingegnere Armando Giuseppe Bayard. La stazione di Napoli non era ancora pronta e così si decise di partire da Portici. Il primo convoglio era composto da una locomotiva a vapore – battezzata ovviamente “Vesuvio” e pesante 13 tonnellate – e seguita da otto vagoni.  Il re Ferdinando II si porta nella Villa del Carrione a Portici dove era stato preparato il padiglione reale. La partenza è fissata alle ore 12. I vagoni portavano 48 personalità dell’aristocrazia, una rappresentanza militare costituita da 60 ufficiali, 30 fanti, 30 artiglieri e 60 marinai. Nell’ultima vettura invece venne messa la banda della guardia reale. I sette chilometri di percorso vennero compiuti in nove minuti e mezzo alla velocità di 50 km/h. Nei quaranta giorni successivi la ferrovia venne utilizzata da 85.759 passeggeri. In realtà questo tratto di ferrovia faceva parte di un progetto più ampio che nel giro di 10 anni collegò Castellammare, Pompei, Nocera Inferiore, San Severino e Avellino.

Il pittore napoletano Salvatore Fergola dipinge la scena della prima partenza. Faceva parte della cosiddetta Scuola di Posillipo ovvero un gruppo eterogeneo di pittori – anche stranieri come l’olandese Anton Sminck van Pitloo – che dal secondo decennio dell’Ottocento si dedica esclusivamente al paesaggio. Van Pitloo fu tra i primi pittori a dipingere en plein air e portò a Napoli la luce europea di Corot e Turner. Non a caso il pittore inglese è in città tra il 1819 e il 1828.

Mentre in Europa e in Italia si mettevano le basi per i moti del 1848, il mondo stava guardando anche verso altri orizzonti e mostrava la sua voglia di futuro. In fondo chiedere una costituzione, pretendere maggiori diritti e ribellarsi alla censura erano atti di profonda evoluzione sociale. Tutte le maggiori personalità del tempo avranno letto la notizia dell’inaugurazione della linea ferroviaria italiana. Verdi e Wagner avevano 26 anni, Cavour ha 29 ed è sindaco di Grinzane in provincia di Cuneo, Garibaldi ha 32 anni e si trova in Sud America ed è il comandante della flotta del Rio Pardo. Per Radetzky – che aveva 73 anni – sono gli anni della consacrazione e della tranquillità. Dapprima comandante dell’esercito austriaco a dal 1836 diventa Feldmaresciallo. Il Regno Lombardo-Veneto non è ancora minacciato da forze esterne o da ribellioni interne, il potere è assoluto, la censura massima. Eppure bastano pochi anni per cambiare lo scenario. Ne sarebbero bastati appena otto.

Bibliografia: Alberto Mario Banti, Il Risorgimento italiano, Laterza 2009 | Renato Ruotolo, La Scuola di Posillipo, editore Franco di Mauro 2002 | https://it.wikipedia.org/wiki/Ferrovia_Napoli-Portici 

Immagine: L’inaugurazione della Ferrovia Napoli-Portici. Salvatore Fergola, 1840 

 

Giulio Romano, le logge e il gioco del 19

Il 2019 per Mantova è l’anno di Giulio Romano eppure l’anno scelto non riguarda una specifica ricorrenza, un anniversario o una data significativa. Proviamo a trovarla comunque. Nel 1519, ovvero 500 anni fa, data Giulio Romano non pensava nemmeno a Mantova, ancora alle prese con i cantieri e la bottega di Raffaello. Forse e certamente sapeva della Mantova del marchese Francesco II Gonzaga (al suo ultimo anno di vita) e della celebre moglie Isabella d’Este. Il 16 giugno del 1519 Baldassarre Castiglione annuncia a Isabella la conclusione del cantiere delle Logge di Raffaello. Così scriveva: hor si è finita una loggia dipinta: e lavorata de stucchi alla anticha: opra di Raphaello: bella al possibile: e forsi più che cosa che si vegga hoggi dì de moderni. La struttura doveva avere la funzione di galleria di cose antiche. Delle sculture che dovevano essere presenti le fonti ne ricordano solo due: un Mercurio e un’Iside. La galleria era privata anche se il papa Leone X la utilizza per le udienze. All’interno, collocata nelle volte, il racconto delle 52 scene della Bibbia che, a ben vedere, risulta più profana che sacra. Basta prendere come esempio alcune scene di Adamo più simile alla posa di un Apollo. Pose derivate dalle statue greche, movimenti di gruppi ripresi dalle danze di corte e le figure che già mostrano i muscoli di Michelangelo. Il colpo d’occhio di piazza San Pietro in quel 1519 doveva presentarci le Logge che dominavano dall’alto la vecchia basilica mentre sotto si stava costruendo la nuova. Trecento anno dopo, nel 1819, le visita Turner che le osserva così come dovevano essere dal tempo di Raffaello.

Bibliografia: Nicole Dacos, Le logge di Raffaello, Musei Vaticani 2008

Immagine: Particolare della Loggia