Parrocchie, conventi e monasteri. Mettiamo ordine tra i molti ordini

Le parrocchie di Mantova nella seconda metà del Settecento, prima delle grandi riforme teresiane e giuseppine, sono 16. L’ente monastico più ricco è quello di San Domenico. Le parrocchie di San Silvestro e Santa Maria della Carità hanno numerose botteghe in affitto così come i barnabiti in San Carlo. Questa situazione si ripete in realtà anche per gli altri ordini monastici i cui patrimoni variano da 1.000 ai 3.000 scudi con le eccezioni del Duomo, Sant’Andrea, San Domenico e San Barnaba. Gli enti infatti non solo hanno ampie proprietà fondiarie ma partecipano all’attività cittadina attraverso il prestito di denaro a cui attinge specialmente la nobiltà.

Sono 36 i conventi e i monasteri, 1 Monte di Pietà, 44 tra compagnie, confraternite e oratori e 9 enti di assistenza come i luoghi pii, orfanotrofi e ospedali. Di questi 3 sono riservati alle donne (le Zitelle di Sant’Anna, la Misericordia e le Donne Penitenti), 2 ai bisognosi (Pio luogo dei Poveri e del Soccorso) e 3 sono gli orfanotrofi (Pio luogo Orfani della Fiera, di Sant’Antonio e quello Regio nell’ex monastero di Sant’Agnese).

L’elenco degli ordini presenti a Mantova occuperà le prossime righe, sono molti e spesso occupano più slot nella stessa parrocchia. Agostiniane di S. Spirito, Agostiniani di S. Agnese, Barnabiti di S. Carlo, Benedettine di S. Giovanni, Benedettini di Ognissanti, Camaldolesi della Fontana, Canonichesse lateranensi della Cantelma, Canonici lateranensi di S. Sebastiano, Cappuccine, Cappuccini, Cappuccini Riformati di S. Spirito, Carmelitane del Carmelino, di S. Teresa, Carmelitani del Carmine, Carmelitani Scalzi di S. Teresa, Certosini della Certosa, Crociferi di S. Tommaso, Domenicane di S. Vincenzo, Domenicane Terziarie di S. Domenico, Domenicani di S. Domenico, Filippini di S. Filippo Neri, Francescane di S. Giuseppe, di S. Lucia, di S. Orsola, di S. Maddalena, di S. Elisabetta, di S. Paola, Terziarie di S. Francesco, di S. Francesco, Minimi di S. Francesco da Paola, Olivetani di S. Cristoforo, Servite di S. Barnaba, Terziarie di S. Barnaba, Serviti di S. Barnaba, Teatini di S. Maurizio.

Si tratta di 36 enti regolari. Tutto il loro valore scudato è di 84.705 ovvero cinque volte tanto il Palazzo Ducale a parità di contesto e di momento storico.

Bibliografia: La città di Mantova nell’età di Maria Tersa, Regione Lombardia, Mantova 1980

Immagine: Parrocchia di Santa Carità, catasto di Mantova 1771. Mappa disegnata fra il 1822 e il 1824

Il Tribunale araldico mantovano. Nobili tanto, poco e decaduti

Le riforme messe in campo da Maria Teresa riguardano la città, gli edifici religiosi, gli ecclesiastici ma anche la nobiltà. Il 21 marzo 1750 il conte Pallavicini avvia la revisione generale delle immunità reali e personali godute da enti e persone fisiche. Venivano così colpite tutte quelle famiglie e quei nobili che per secoli avevano vissuto di privilegi concessi dai Gonzaga e che da questi avevano acquistato titoli e immobili. La finalità austriaca è di natura finanziaria ma si tratta a tutti gli effetti di una riforma della nobiltà. Così avremmo visto sfilare in città davanti alla Giunta delle Esenzioni una lunga filza di famiglie che dovevano giustificare e dimostrare i loro titoli. Eccoli i Casali, Cocastelli, Colloredo, Custoza, Furga, Greppi e Mellerio, Guerrieri-Gonzaga, Nerli, Riva, Strozzi, Zappaglia e Zanetti. Grosse famiglie o piccoli nobili l’iter non cambiava.

Il caso più indicativo è quello della famiglia Cavriani che non a caso erano i proprietari laici più ricchi del ducato di Mantova. Dal 1467 avevano acquistato i dazi di Sacchetta, un secolo dopo quelli di Governolo e non si erano fermati qui: “appalti dell’olio buono, dell’olio da ardere, dell’acquavite, tabacco, aceto, vetri, carte da gioco, sapone, polvere da schioppo e migliarina”.

Il 27 gennaio 1768 viene costituito il Tribunale araldico che doveva illustrare e chiarire i criteri relativi all’uso di titoli, stemmi e pompe esterne. La ricognizione in città deve essere stata attenta e molto selettiva. Erano tante le facciate che dimostravano – anche in modo tracotante – insegne illustri, lapidi, stemmi, forme di ogni tipo e questo si vedeva perfino nelle insegne dei bottegai. Il Tribunale avvia la ricognizione e i lavori nel primi mesi del 1771. Otto anni dopo si realizza il Libro d’oro.

Le famiglie che si definivano nobili e che si erano viste decurtate le immunità e le insegne continuano a difendere la loro manifesta ricchezza, o quello che ne restava: le livree gallonate dei servi, le carrozze, i tiri a quattro, stemmi e titoli onorifici. Caso mai ne aggiungono. Ma le multe non tardano ad arrivare, molto salate.

Nel 1778 il lavoro del Tribunale è concluso. Le famiglie nobili, effettivamente dimostrate tali, erano 162: 5 principi (tutti di casa Gonzaga), 35 marchesi, 63 conti, più il vescovo e il priore degli Agostiniani, 52 nobili non titolati e 7 cittadini nobili. Sono 49 invece i casati dichiarati “di qualità senza eccezione” ovvero nobili nobilissimi. Facendo un rapido calcolo le famiglie nobili erano sicuramente meno di 1.000 persone, probabilmente 700. Su una popolazione di circa 25.000 abitanti erano il 2,8%.

Bibliografia: La città di Mantova nell’età di Maria Teresa, Regione Lombardia 1980

Immagine: Gli stemmi nobiliari delle famiglie importanti di Guardiagrele presso la chiesa di Santa Maria Maggiore, in provincia di Chieti, Abruzzo