Stare sul ghiaccio che scricchiola. Le drolerie di Bosch e il catalogo dei proverbi

Il mondo pittorico di Bosch è composto da immagini che potrebbero essere definite surrealiste o almeno vanno in quella direzione con un anticipo di almeno trecento anni. La Tentazione di Sant’Antonio, datata 1502, è il primo dei grandi trittici in cui il pittore fa un larghissimo uso del suo microcosmo di drolerie. Sono figurine buffe, brutte, ironiche, quasi scandalose e oltraggiose che spesso traducono dei motti e dei proverbi fiamminghi riguardanti un principio morale e che affondano le loro basi nel Medioevo. Infatti potremmo definire le drolerie come il più dettagliato e completo catalogo di esserini e forme varie che derivano dai codici gotici.

Il Trittico misura 131 x 238 centimetri. Inutile dire che per leggere l’opera non basterebbero delle ore dotate di lente d’ingrandimento, pazienza, curiosità e un buon catalogo di quelle drolerie medievali. Sarebbero ore ben spese ma difficilmente si potrebbe averne un quadro complessivo senza tanti strumenti da incrociare.

Dell’opera si conosce solo il significato principale. Il resto rimane ignoto. Il committente, la funzione o l’occasione, il luogo di esposizione. Facciamo qualche zoom muovendoci all’interno dell’opera. Secondo il principio del mondo sottosopra gli elementi nel microcosmo di Bosch cadono del caos. Attorno ad Antonio si aggirano diavoli-lupo, demoni-cavaliere che usano pesci al posto di una lancia, una barca a vela volante con un piccolo personaggio nudo che si guarda tra le gambe, una brocca animata che sta in bilico su di una falce, pesci volanti e strani pesci che diventano barche, prigioni e marchingegni meccanici. Sulla tavola di sinistra un messaggero gobbo a forma di uccello, dal mantello rosso, si muove sul ghiaccio per consegnare un documento che tiene nel becco. Su questo è impresso un sigillo in cui si legge chiaramente la scritta protio che sta probabilmente per protestatio. L’uccello-messaggero, che porta l’atto d’accusa, avanza sul ghiaccio indossando due pattini su gambe e piedi umani. Nella letteratura del XVI secolo si scrive che il mondo sta camminando sui pattini da ghiaccio intendendo che si procede in una direzione falsa e folle. “Stare sul ghiaccio che scricchiola” era un’espressione che deriva da un proverbio latino del XII secolo che affermava “chi cammina sul ghiaccio, non si dimostra saggio”.

 

Immagine: Particolare, Sant’Antonio è accusato dai diavoli (anta interna sinistra) – Museo Nazionale di arte antica di Lisbona – 1502 circa

Bibliografia: Hieronymus Boasch, L’opera completa, a cura di Stefan Fischer, Taschen 2016 

 

Masaccio e van Eyck. Due pittori nell’essenza delle cose

Aia, ottobre 1422. Da questo esatto momento si hanno le prime notizie di Jan van Eyck, non prima. Il pittore si trova alla corte di Giovanni di Baviera, conte di Olanda. Nel 1423 diventa pittore di corte e uomo diplomatico al servizio di Filippo il Buono, incarico che ricoprirà fino al suo ultimo giorno. Tra il 1426 e il 1432 lavora, forse con sua fratello Hubert, al polittico di Gand. Dal 1432 si trasferisce a Bruges e ci rimarrà fino al giugno del 1441, anno della morte.

LETTURA INCROCIATA. Negli stessi anni a Firenze il giovane Masaccio – nato nel 1401 – sta lavorando agli affreschi della Cappella Brancacci insieme a Masolino da Panicale che poi partirà nel 1425 per l’Ungheria. Felice Brancacci, mercante di seta e console del mare, è il patrono della cappella presso la Chiesa di Santa Maria del Carmine e applica le disposizioni del testamento già scritto nel 1417. I mercanti sono mecenati, arricchiscono le chiese di tombe, le vie di palazzi e i palazzi di opere tangibili della loro ricchezza. Nel 1428 van Eyck parte per Lisbona per concordare le nozze tra il duca Filippo e Isabella di Portogallo. A Firenze Masaccio lavora alla Trinità nella chiesa di Santa Maria Novella. Qui trovano sintesi la lezione di Brunelleschi e il dogma cristiano del tre e del triangolo attraverso cui leggere l’affresco. Prospettiva, vie di fuga e illusionismo.

UN POSSIBILE CONFRONTO. “Le cose fatte inanzi a lui si possono chiamar dipinte, e le sue vive, veraci e naturali”. Senza un contesto o uno specifica a “lui” la frase potrebbe riferirsi ad entrambi. Si tratta invece di una frase tratta dalle Vite di Vasari e si riferisce a Masaccio. Il confronto, in apparenza non possibile, risulta invece illuminante. Masaccio ha portato la pittura ad uscire dal contesto decorativo del cosiddetto “gotico internazionale“, ancora di moda nelle Corti, verso un ricongiungimento con la volumetria umana di Giotto. Entrambi arrivano all’essenza delle cose. Masaccio per sintesi, van Eyck  per analisi. Il suo occhio risulta brutale nella sua veridicità e nella sua viva similitudine portando nell’opera il carattere di un personaggio, la città o un paesaggio come una cartolina precisa, un fermo immagine “terribile”.

RITORNO. 1429, Lisbona. Terminati gli accordi per il matrimonio, van Eyck ritorna da Filippo con i due ritratti di Isabella. Masaccio qualche mese prima ha lasciato Firenze per Roma dove qui troverà la morte a soli 21 anni nel giugno del 1428 in circostanze non chiarite dai documenti. La lezione di Masaccio è appena iniziata.

 

Bibliografia: L’età di Masaccio. Catalogo della mostra, Electa 1990 | Van Eyck. I fondatori della pittura fiamminga, Einaudi 2013

Immagine: La cacciata di Adamo ed Eva, particolare della Cappella Brancacci (1424-25)