Quando a Mantova successe un mapèl. Ludovico II, la peste e il lazzaretto

Palazzo Sclafati, Palermo 1446. Il Maestro del Trionfo della Morte sta terminando un affrescando di straordinarie dimensioni. Oggi ignoto, non si conoscono informazioni. Probabilmente straniero, catalano o provenzale, viene chiamato da Alfonso V d’Aragona. Dipinge le atrocità che di lì a poco si sarebbero scatenate nel nord Italia.

Poco dopo la metà del Quattrocento a Mantova viene costruito il Lazzaretto di Mapello nella zona di confluenza tra il Naviglio e il Lago Superiore. Si tratta di una costruzione in anticipo rispetto ad altre città come Milano dove la prima proposta fu avanzata solo nel 1468. Quello di Mantova si data dieci anni prima. Il termine ha anche una profonda radice popolare. Mapèl è un’espressione che viene usato per alludere ad una situazione di confusione. Per i mantovani significava la peste.

Il nome Mapello è già presente nel XII secolo quando viene citato nel 1189 un tale Guilielmi de Mapello e nel 1199 un Guilielmo Mapelli, entrambi come teste di atti notarili. Nel 1443 viene citata invece la presenza di un taverna. Questa informazione fa pensare che la zone fosse già luogo di passaggio. Con l’avvio dei lavori del Naviglio – datazione 1455 – si intensifica la costruzione dell’Ospedale. Tre anni più tardi si apprende che il marchese Ludovico II Gonzaga ha “una casetta a Mapello” dove si stabiliscono gli zoieleri a lavorare. A questa data la zona quindi risulta una borgata con una taverna, alcune abitazioni, lavoratori saltuari e abitanti residenti nei pressi. I lavori subiscono una brusca interruzione nel periodo in cui alloggia in città il papa Pio II che, per l’occasione, visita il lazzaretto e “lì stete fino la sera”. Nel 1461 si procede alla copertura dei tetti e subito dopo nei documenti si parla di letti forniti da trasportare al Mapello ovvero con l’occorrente per essere usati. Nel Mapello c’era anche una piccola chiesa dedicata a San Lino. L’ospedale è terminato. Giusto in tempo perché nell’ottobre del 1463 scoppia una nuova epidemia di peste. Il marchese e la sua famiglia si trasferiscono a Revere così come quegli abitanti che si spostano nelle campagne. Ludovico, riferendosi al Mapello, scrive degli ammalati: “lì ge serìa proveduto de medicine et quanto havesse bisogno et se moriseno, morerìano come cristiani, che stasendo ali casoni mòreno come cani”. Da un primo resoconto datato dicembre del 1463 si può desumere che il Lazzaretto ospitasse fino a 50 ammalati, ricoverati in ambienti separati a seconda dello stadio della malattia e senza discriminazione tra cristiani ed ebrei. L’epidemia del 1463 passò come le altre arrivate in precedenza lasciando lo spazio per il conteggio dei morti, il risanamento e l’aumento di popolazione. La calma durò soli 5 anni. Arrivarono poi le ondate del 1468 e del 1478. Il Mapello divenne il centro di isolamento per gli infetti più gravi. Fra il 30 settembre e il 1 ottobre 1478 vennero censite in città 8.795 persone. 

 

Immagine: Trionfo della Morte, 1446 – Galleria regionale di Palazzo Abatellis, Palermo

Bibliografia: Giuliano Mondini, Soave: il territorio e la sua gente, 1997