Doveva essere lo stupor mundi e in effetti questo doveva suscitare nelle città e nelle corti dove veniva ospitato. Federico II di Svevia aveva tantissimi interessi che si manifestavano nelle diverse personalità presenti nella sua corte.
Si conosce bene l’interesse che Federico aveva per gli animali che si è tradotto non solo nella compilazione del suo famoso trattato sui falchi e che subito ha avuto una forte caratura internazionale, ma raccolse nel suo castello di Lucera a Foggia molti altri animali. Spesso li portava con sé durante i suoi spostamenti. Secondo una testimonianza Federico arriva a Ravenna bel 1231 accompagnato da molti animali ancora sconosciuti a quel tempo in Italia tra cui elefanti, dromedari, cammelli, leoni, leopardi, falconi bianchi e civette barbute. Nel 1245 è a Verona e i monaci di San Zeno oltre a lui devono ospitare il suo serraglio ambulante.
Nel 1228, durante le trattative prima della partenza verso la Terra Santa, il sultano Al-Kamil invia all’imperatore Federico un elefante per tramite dell’arcivescovo di Palermo. Quanto visse l’animale? Pare che ebbe una vita molto lunga vita visto che gli Annali Placentini Gibellini riportano la sua morte nel gennaio 1248 a Cremona dove fu seppellito.
L’animale viene citato nella Cronaca da Salimbene dove racconta due episodi sull’animale. Lo ricorda nel 1235 quando Federico “mandò un elefante in Lombardia, con molti dromedari e cammelli e con molti leopardi e con molti girifalchi e astori. E passarono da Parma, come vidi coi miei occhi”. E poi un anno dopo a Cremona. Salimbene annota ancora un fatto curioso. Cita una particolare costruzione in legno in cui vi erano guerrieri saraceni con stendardi e stemmi sulla schiena dell’elefante.
Bibliografia: Giuseppe Quatriglio, Mille anni in Sicilia. Dagli Arabi ai Borboni, Marsilio 1996
Immagine: Bestiario del Libro del tesoro (ca. 1230-1294) conservato presso la Biblioteca Nazionale a San Pietroburgo.