Il Ghetto, le oche e il conteggio del catasto

Mantova 1750. In città non si potevano tenere nessun genere di animali come bovini, maiaoli e oche se non in luoghi adatti, controllati e dove il Magistrato alla Sanità aveva rilasciato la regolare licenza ad uso proprio o pubblico, di allevamento, produzione e vendita. La stessa misura si poteva leggere negli editti del 20 maggio 1701 e 30 maggio 1703 sotto i Gonzaga.

In una relazione del 1769 si rileva che nel Ghetto erano presenti migliaia di oche tenute in ambienti angusti già occupati dalla più forte densità di popolazione in città. Gli ebrei facevano commercio con le oche, le allevavano per trasformarle in salami e in altre prelibatezze.

La relazione del 18 agosto 1769 fa il punto della situazione e fa la conta di 14 anni di licenze rilasciate e numero di oche presenti. Dal 1753 al 1767 ci sono state in totale 183 licenze e 9.081 oche ovvero 648 di media all’anno. Nello specifico si rileva che se ne contano 2.066 in 43 granai delle case, 1.157 in 32 camere, 40 in una cucina sotto il secchiaro, 44 sotto 4 sottoscala, 4.837 nei 90 rivolti (sotterranei), 100 nei cortili e 80 sparse nei diversi luoghi della casa.

Negli ultimi anni registrati e soprattutto a partire dal 1762 il numero delle licenze rilasciate è diminuito in modo quasi drastico. Da 14 a 3 a 8 a 4 nel 1767 e 6 nel 1768 e 1769. A causa delle condizioni sanitarie molte licenze vennero tolte e nel complesso se ne limitarono la concessione. Il documento, unito al lavoro maniacale del catasto teresiano, documenta le condizioni di vita del Ghetto negli anni che anticipano la liberazione francese del 1797. Qui nel 1770 si contano 2.118 persone che costituivano l’8% della popolazione mantovana complessiva ma in uno spazio molto limitato. Camere, camerini, rivolti e granai creavano quel complesso labirintico e angusto dove per ogni ebreo c’erano 4,5 oche.

Bibliografia: La città di Mantova nell’età di Maria Teresa, Regione Lombardia 1980

Immagine: Patatrac, Gaetano Chierici 1890