Dopo aver trascorso cinque ore dall’inizio del banchetto rinascimentale si è giunti alla parte conclusiva. Un ultimo momento di piccoli spettacoli per accompagnare la digestione e le ultime vivande: non solo dolci. Le sorprese per gli ospiti non sono finite.
Avanza verso la tavola una delle ultime vivande. Duemila ostriche accompagnate da arance, pepe, lattemiele, 1500 cialdoni e 104 coppe di Chiarea. Si tratta di un vino con miele e spezie che veniva servito a fine pasto per le sue proprietà digestive. Una sorta di Ippocrasso. Di nuovo il cambio di tovaglia: si poteva arrivare a tre, quattro, cinque cambi: molti erano gli strati di corame sotto la bellissima tovaglia bianca fiamminga. Il bordino blu è raffinatissimo. In chiusura arrivano le confezioni ovvero frutti e verdure canditi. Molto vicine alla mostarda di oggi. Ma nel Rinascimento lo zucchero cadeva su tutto: cedro, lattuga, cocomero, mandorle, nespole, cotognata, pesche alla genovese, frutti alla veneziana. Vengono serviti coltelli e salviette profumate. Le buone maniere erano presenti, eccome. Con grandissima nostra sorpresa arrivano anche 300 “stecchi da denti profumati”. Nel frattempo l’atmosfera era allietata dal suono di viole, liuti, flauti e lira. Il banchetto termina con i doni per gli ospiti. Viene portato a tavola un grande pasticcio, una torta molto particolare. Dorata all’esterno mentre all’interno si vedono dei bigliettini: dentro sono scritti i nomi dei commensali. Come in una lotteria si estraeva a sorte. Monili, “abbigliamenti da orecchie”, “fornimenti da berrette”. Il premio più prezioso pare essere una collana dal valore di 50 scudi. Ora basta. Si sparecchia e si toglie la tavola. La sala è pronta per ospitare il momento delle danze. Gagliarda o pavana a seconda del temperamento degli invitati. Anche la danza è un insieme di codici, nulla è lasciato al caso. Quando ormai si vede albeggiare la tavola viene riallestita e si prepara la colazione. Confetture di lattuga, cocomero, mandorle, pere sciroppate, prugne con zucchero gelatina di cotogne, zibibbo. Cinquanta servitori offrono da bere “boccaline d’acqua zuccherata”. A fine giornata si potevano contare le carie.
Bibliografia: Massimo Montanari, I racconti della tavola.